POST 18 DIC 20 – Uno dei miei personal trainer è mio figlio. Mi ha allenato per varie gare, dai cento metri, per i quali ero più tagliata, al fondo, che invece non era proprio il mio genere. Ha cominciato presto. Aveva 3 anni e domande già parecchio difficili. Per farmi adottare da lui e diventare la sua mamma ho dovuto suonare tutte le corde, quelle che avevo e quelle che dovevo procurarmi. Ho composto melodie che mai avrei creduto.
Uno degli allenamenti più riusciti è quello sulla somministrazione a sorpresa di film di animazione giapponese. E chi mai si sarebbe applicata a quelle opere d’arte, certo, ma così struggenti, malinconiche, che hanno quasi sempre per protagonisti orfani, malattie, morte, solitudine, amori impossibili. Adesso sono una fan, c’è poco da fare. La paura di essere contagiata dalla tristezza ha capitolato, ora mi sdraio sul divano con lui e piango senza ritegno.
In piena zona rossa e con l’angoscia che striscia tutto intorno a noi, l’altra sera mi ha detto mamma, per favore, guarda con me questo ultimo anime (il genere manga viene chiamato così, da animazione). Ha vinto molti premi, ha aggiunto, e questo voleva senz’altro dire che avremmo pianto parecchio. Il titolo, amore mio? “Voglio mangiare il tuo pancreas”. Vabbè, ho capito, lacrime e sangue. Partiamo. E’ la storia di una bambina malata che ovviamente morirà, di un ragazzo introverso che grazie a lei si riscatta e scopre i sentimenti, di una gioia per la vita che sprizza da ogni fiore di ciliegio e tramonti e albe e ruscelli che mani d’oro disegnano rigorosamente a mano, di una musica creata ad hoc e che mio figlio, chissà per quale strana spirale del Dna, ama come fosse sua e riproduce spontaneamente ogni volta che si siede al piano. E’ abitato dalle atmosfere giapponesi, forse viene anche da lì.
Dopo il film, naturalmente bellissimo, non proprio la commedia natalizia con lieto fine che quella sera mi sarei prescritta per togliermi qualche peso, gli ho chiesto: ma sai spiegarmi perché a te piacciono tanto questi film? E’ andato in camera e mi ha mandato un whatsapp: “Gli anime giapponesi ti aiutano a capire le esperienze della vita, te la fanno apprezzare senza illuderti, perché la vita è questo. Toccano i sentimenti più profondi e perciò ti fanno commuovere. Io sono innamorato di questa cultura, perché negli anni mi ha aiutato a crescere. Questo film in particolare ti insegna a vivere ogni momento della vita come fosse l’ultimo. Ma non ci arrivi con la testa, sono le emozioni a fartelo sentire”.
Ho pensato alle mille parole spese per dire che ci proteggiamo troppo dalle verità della vita, che il nostro mondo non riesce a toccare le grandi paure, i grandi misteri, cose ineludibili come la malattia e la morte, e poi lui, il più pauroso di tutti, è andato a cercarsi proprio quello, un mondo che non lo protegga. Vuole guardare in faccia il mostro e mettersi alla prova. Si vuole vaccinare. Vuole amare la vita così com’è. E allora anime sia. La cura, dice, prevede almeno un film alla settimana.