E’ stato uno scorcio, un blitz della memoria: guarda, sembra di essere in Corsica. Da lì a sentirmi diciottenne, in una canadese a picco sul mare, con il mio primo amore e tutta l’estate in una moto, è stato un attimo, anzi meno.
Con davanti mio figlio e il suo primo amore che camminavano stanchi a picco sul mare, è partito inevitabile il confronto, effetto neuroni-a-specchio. Posso dirlo? Mi sono dispiaciuta per loro. Molto.
Mi dispiace che a loro non sia proprio possibile salpare verso estati avventurose e solitarie, lontano dagli occhi dalle orecchie e da qualunque sguardo altrui. Che non sia loro concessa quell’esperienza di solitudine e scoperta di se stessi che solo in gioventù sarebbe così necessaria e che solo provandola, credo, tornerai a cercarla da grande. Che siano privati di quella inebriante sensazione di indipendenza e conoscenza di se stessi che gli attuali continui contatti con il resto del mondo rendono inconoscibile. Tanti selfie, continuamente, ma non quello più utile, guardarsi dentro sapendo che nessuno, ma proprio nessuno, ti può vedere e tantomeno controllare.
Poveri ragazzi, ho pensato inutilmente: resteranno per sempre attaccati all’appendice di qualcuno? Scopriranno mai quanto grande può essere l’anima?