PAROLA MIA

Benvenuti su GF Magazine, il luogo che ho costruito per raccontare news o progetti come professionista della comunicazione e dell’informazione. E per coinvolgervi nella mia rete. 

Ho scelto il nome “magazine” perché mi piace l’idea del magazzino*: un posto che raccolga le idee senza rigidità o recinti (come è nella mia struttura mentale) classificandole per tipologia, per temi o per parole chiave. Un luogo fluido, che consenta di muoversi inseguendo un titolo, un’immagine che incuriosisce, un’associazione di idee. Potreste avere la sensazione di perdervi, navigando, ma non è così: c’è un filo che unisce tutto e a cui potete sempre aggrapparvi. Lasciatevi andare, non ci sono rischi. Potrebbe piacervi.

Spero lo troviate accogliente, perché vorrei farne una sorta di co-working, un posto dove ospitare colleghi, professionisti e giovani talentuosi con progetti che arricchiscono o migliorano la nostra vita. “Memorabili” ne è un esempio: un servizio “on demand” di raccolta e scrittura dei ricordi che sarà curato dalla mia amica e collega Maria Cristina Carratù. Mi sembra una grande opportunità quella di contare sulla sua consulenza e sul suo lavoro per dare forma alla propria biografia o a quella di un parente, una nonna, un amico. Può diventare un libro, un racconto, un audiovisivo, un regalo speciale. 

Nella categoria Progetti viaggerete dentro ad alcuni capitoli del mio lavoro di professionista negli ultimi anni (oltre all’impegno di giornalista su cui almeno qui posso sorvolare). Girano quasi tutti intorno al tema delle trasformazioni sociali e umane che coinvolgono ciascuno di noi, dal docu-film sulle testimonianze femminili Lievito Madre al rilancio dei borghi, dal sostegno nel campo sempre attuale dello story-telling alla comunicazione terapeutica. 

Nello scaffale dei Corsi ho appoggiato proposte e laboratori per la scuola e in generale per i ragazzi, singoli o in gruppo. I giovani sono la mia passione, anche come sfida professionale. Alcuni corsi sono pensati, organizzati e promossi insieme ad altri colleghi, e via via, di stagione in stagione, ne aggiungeremo altri: ho molti progetti in cantiere. Il comune denominatore è la buona comunicazione. Con il primato della parola, lo strumento più potente che abbiamo per conoscere, affermarsi, prendersi cura di noi e degli altri. Le parole – come dice lo scrittore Gianrico Carofiglio nel colloquio che troverete in video – sono il mezzo per salvarsi la vita.  

A quest’altezza della vita ho pensato di dare piena cittadinanza al mio daimon, come dicevano i greci. Comunicare. Spiegare ciò che sembra inspiegabile. Rendere visibile ciò che era invisibile. Portare alla luce esperienze preziose che stavano al buio. Trovare il modo. Sempre. Con qualsiasi mezzo.

Voglio declinare la mia vocazione in tutte le direzioni in cui la professionalità incontrerà le persone, la bellezza, i desideri, le notizie, i luoghi e i fatti che mi sembrano degni di essere raccontati, promossi, condivisi. Voglio seminare buoni progetti e coltivare la speranza. Voglio scommettere sull’alleanza fra generazioni. Voglio prendermi cura di noi. Ecco, volevo dire questo: cura, in fondo, è la parola che resta.

Ecco, volevo dire questo: cura, in fondo, è la parola che resta.

Geraldina.

* La parola Magazine, ora usata come sinonimo di rivista periodica, viene da magasin (francese) e da magazzino (italiano). Si torna alle origini!


LA MIA STORIA IN BREVE

Ho cominciato a fare la giornalista quando l’unica scuola era la strada. Ti buttavano fuori dalla redazione dicendoti di tornare quando avevi trovato una notizia. Feci fortuna con una lunga inchiesta sullo smaltimento illegale dei rifiuti, uno scoop. E da La Città, il quotidiano in cui molta parte dei giornalisti non solo fiorentini della mia generazione si sono fatti le ossa, mi trovai a La Nazione. Pensate, una delle prime donne assunte.

Da lì in poi la vita ha preso molte pieghe, anche sorprendenti. Giornalista politica, poi ai beni culturali, agli esteri, nella prima redazione internet, nei primi canali satellitari della Rai, i primi blog, e perfino un coinvolgimento in orbita pubblico/istituzionale che da Roma mi ha riportato a Firenze, a dividermi fra l’istinto da cronista e la riservatezza imposta dal ruolo. Ma è servito, eccome se è servito: ho visto il dietro-le-quinte. E il mio sguardo si è fatto più rotondo.

Ho incontrato, intervistato, ascoltato, registrato, riassunto migliaia di persone. Dalla più piccola alla più grande, dagli ultimi ai primi. E ho scritto fiumi di parole. Mi è rimasto addosso e intatto il senso di responsabilità per ogni traccia che lascio, che sia un articolo un intervento pubblico o un semplice post: le parole pesano, e volendo imbrogliano. Aspiro a un linguaggio ecologico, senza sprechi. E diretto, senza trucchi. Ma lieve, e questo sì che è difficile.

Ho sempre pensato che non poteva esserci un lavoro più adatto a me, per la curiosità e lo slancio verso l’ignoto. Ma ho un lato B, più vulnerabile, permeabile alle sofferenze altrui. È la parte cresciuta con una disabilità in famiglia, ed è la parte che mi ha messo in ascolto delle zone più nascoste o ferite degli esseri umani. Alla fine anche questo è un dono, inutile girarci intorno. Se poi è diventato un ingrediente decisivo anche nelle abilità professionali, lo devo all’incontro più rivoluzionario del mio curriculum vitae, quello con mio figlio. Aveva già 3 anni e molte domande parecchio difficili. Per farmi adottare da lui e diventare la sua mamma ho dovuto suonare tutte le corde, quelle che avevo e quelle che mi dovevo procurare. E’ stato lui il mio grande allenatore. E’ stato lui a farmi scoprire quanto possiamo essere elastici, empatici, intuitivi, creativi, resilienti, coraggiosi. E quanto più in là di ogni previsione possiamo spostare i nostri limiti, i nostri orizzonti emotivi o mentali.

E ora, con tutto questo spazio davanti, andiamo a navigare!

Contatti:

geraldina[at]gfmagazine.it