10 DIC 2020 – Dopo il primo lockdown un’amica dermatologa mi ha fatto racconti struggenti, a proposito delle sue pazienti con famiglia. Entravano nello studio, mostravano la piccola patologia quasi sempre epidermica marginale, e prima o dopo cominciavano a piangere. Il prurito o l’improvviso sfogo della pelle erano solo la punta di un iceberg sotterraneo e muto. Si erano fatte carico del marito, dei figli agli arresti domiciliari e senza scuola, del loro lavoro in smartworking, degli spazi casalinghi da riallestire, dei genitori anziani da accudire e rassicurare. Eccome se ce l’avevano fatta, brillantemente. Si erano solo dimenticate di se stesse. Avevano affrontato la paura e la fatica altrui, non la loro. E finita l’emergenza, il corpo glielo ricordava.
Ho un figlio che per tutta l’estate e la prima parte dell’autunno è stato autonomo, indipendente, lontano da me. Stava bene, orgogliosamente bene. Appena si è riaffacciato il secondo lockdown, quello-stagione-autunno-inverno, ha fatto le valigie ed è tornato dalla mamma. Non c’è un motivo preciso, lo ha fatto senza pensarci.
Io invece ci ho pensato molto. Ricordo di aver sentito i piedi all’improvviso radicati a terra, di nuovo incollati al pavimento di casa. Tornavo a essere una madre a tempo pieno. Per lui, per i figli degli altri, per la mia famiglia, per chiunque intorno a me ne avesse bisogno. Il mio ‘sè grandioso’, come dicono certi psicanalisti, tornava di nuovo comodo. Ma non a me, che avevo impiegato anni per ridimensionarlo.
Ho visto un video di Leonardo Pieraccioni che mi ha fatto molto ridere. Il suo regno per una cosa sola: le lasagne della mamma. Pure un signore attempato come lui, grande e grosso, padre di un’adolescente, in questa terremotata previsione natalizia rinuncia a tutto, ma non alle lasagne della mamma nel giorno di Natale. Vale una multa di 400 euro per sconfinamento di Comune? Può avere un prezzo, di questi tempi, l’utero materno?
La mamma. Io non ce l’ho più, ma mi scopro a invocarla spesso. Ho perfino l’istinto di fare il suo numero di telefono. Mamma ci sei? Non mi è mai mancata tanto come adesso, in queste ore, in questi giorni di apnea. Devo imparare a diventare mamma di me stessa, accogliermi, contenermi. Come faccio con gli altri. Dovremmo tutte imparare a diventarlo, per non passare a sentirsi direttamente la propria nonna, chè c’è ancora un pezzo di strada da fare.
Se dovessi scegliere una parola, una sola, fra le più stressate di questo indimenticabile 2020 direi che la parola è mamma. Nel mare in tempesta dentro e fuori non c’è niente ma proprio niente di più desiderabile, di più invocato. E’ un grido d’aiuto istintivo, primordiale. Come quando sei piccolo piccolo e senti un rumore tremendo e basta lo sguardo sereno della mamma per rimetterti a giocare. Non è niente, passerà.
Chi pensava di esserne fuori, deve tornare in servizio. Bussano: ci tocca riaprire la grotta.
I really like the way you write, the rhythm of the words, sentences and paragraphs. Together with feeling they express the experience of reading you is practically physical.
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Che bello quello che hai scritto, mi ritrovo tantissimo nelle tue parole! E perfino nelle manifestazioni dermatologiche di cui parli! Mi calza perfettamente…
Capisco…
What a wonderful feedback, thank you